“Credere oggi: vivere la fede nella quotidianità” Intervento del Vescovo Daniele

Venerdì 4 aprile presso l’Oratorio del Sacro Cuore a Ivrea si è tenuto un incontro diocesano tenuto da Monsignor Daniele in cui ha presentato una bellissima meditazione giubilare sulla fede ad intra come alimentare la nostra fede non vivendo secondo delle prassi e ad extra come è possibile credere oggi dandone una testimonianza autentica.

Monsignor Daniele ci ha invitati a cogliere e contemplare segni della presenza di Dio e a custodirli come germogli, ripararli dalle intemperie. Una presenza che ciascuno può trovare in spazi diversi, i bambini per l’insegnante, i malati per i volontari, i momenti di preghiera, che vanno ricercati per stare con Dio, per trovare sé stessi e la propria vocazione o missione esistenziale, evitando pensieri atei, che generano nel cuore umano desolazione. Non è vero che il Cristianesimo è morto, Dio è vivo e a noi tocca coglierne le tracce. La vitalità di Dio va oltre, è dentro il presente, la nostra vita, dobbiamo vederne i segni, senza fermarci al passato. Il problema per la fede è una diffusa desolazione, mancanza di speranza, di caduta degli ideali e dei valori, un malessere che tocca gli affetti. Il secondo ostacolo è una fede individualista vissuta senza il bisogno di una comunità. Questo malessere socio culturale si argina con l’ascolto di sé, come scriveva Sant’Ignazio di Loyola.

Monsignor Daniele ci ha insegnato a fermarci, ad alimentarci interiormente, ad ascoltare la risonanza in noi, custodendo questa risonanza come una profonda veritàHa suggerito tre livelli: 1. l’attenzione alla vita frenetica, difendere degli spazi di silenzio, di staticità, 2. fermarsi per alimentarsi con la Sacra Scrittura, la vita dei santi 3. l’ascolto della risonanza interiore, la consolazione. Determinante ascoltare la propria interiorità che è una sorgente di vita infinita, ma che la frenesia rinchiude. Trovare degli spazi di preghiera, gli esercizi spirituali, l’immersione nel Creato. E questa custodia da fuori si vede, perché è un nutrimento affettivo che custodisce noi stessi e la fede personale, evitando lo sgretolamento.

Il Vescovo ha ribadito, citando Marshall, l’importanza della comunicazioneil mezzo è il messaggio, per custodire la fede. Curare la modalità con cui comunico tocca la dimensione comunitaria della fede. E’ importante sottrarsi ad un uso sbagliato di comunicare e domandarsi se le tipologie di comunicazione sono adatte.

Siamo in una cultura narcisista, in cui è evidente l’idolatria dell’io, centrato sull’interesse personale, senza limiti, secondo un personalismo incapace di amare, proiettato su stesso, quindi incapace di vivere la dimensione comunitaria.

Il Vescovo ci ha invitati ad una attenzione ai tempi, importante custodire una memoria sapienziale, provvidenziale capace di cogliere la fedeltà e l’azione di Dio in certi momenti, per farci comprendere che non ci facciamo da soli. Il presente serve per decidere quali tracce o segni seguire, quali lasciare, quelli della morte, perché i segni di vita sono quelli che daranno senso alla nostra vita anche se vivremo delle prove. Ma se non ci guardiamo dentro non potremo cogliere questi segni. Il futuro serve per mettere la speranza. Occorre la fiducia per impostare il futuro, la fiducia produce frutti, perché anche nella prova troviamo un senso.

Nella dimensione ad extra il Vescovo ci ha invitati a riflettere come la fede oggi si diffonda soprattutto nelle dinamiche relazionali, la vitalità di Dio si muove nelle relazioni secondo lo stile di prossimità. E’ dunque, determinante mettersi in ascolto, secondo lo stile della prossimità con amoreperché l’ascolto con affetto è segno della presenza dell’amore di Dio in mezzo a noi.